La strage di San Polo viene ricordata ogni anno ad Arezzo attraverso celebrazioni organizzate da
Il caso venne poi riaperto nel 1972 dalla procura di Gießen, in
Gli avvenimenti
Dopo la decisione presa all’inizio di luglio dal CLN di Arezzo di procedere all’occupazione della città da parte dei partigiani, diverse formazioni scesero dalla collina verso posizioni sempre più avanzate.
Il 14 luglio, tuttavia, mentre le truppe inglesi che avrebbero dovuto ricongiungersi ai partigiani tardavano ad arrivare, i Tedeschi, pianificata una rappresaglia, riuscirono a liberare dei soldati precedentemente fatti prigionieri e, raggiunte le località di Pietramala e Molin dei Falchi, rastrellarono decine di persone e diedero alle fiamme le abitazioni. Si incamminarono poi con i prigionieri (uccidendo quelli che via via si trovavano in difficoltà nella marcia: una donna incinta, dei bambini, degli anziani) e procedettero ad ulteriori arresti a Vezzano, Castellaccio e Villa Mancini a San Polo. Proprio in quest’ultimo edificio i tedeschi interrogarono e torturarono i prigionieri (tra cui diversi noti capi partigiani come Eugenio Calò, Angelo Ricapito e Vasco Lisi), per poi seppellirli tutti ancora vivi in tre fosse comuni che vennero ricoperte di terra e fatte esplodere con la gelatina.
Subito dopo, i Tedeschi abbandonarono San Polo. Arezzo sarebbe stata liberata definitivamente due giorni dopo, e solo l’indomani, 17 luglio, si poté procedere alla riesumazione dei corpi e al loro trasporto al cimitero.
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