Secondo recenti dati di un ente certificatore, sarebbero oltre 3 milioni gli italiani con disturbi alimentari e di questi circa il 15% soffrirebbe di ortoressia, con una netta prevalenza appunto degli uomini (11,3%) rispetto alle donne (3,9%).
Ma qual è il rapporto delle persone con il
“L’ortoressico sviluppa una vera e propria fobia per i cibi considerati ‘pericolosi’, come gli Ogm – afferma Sara Bertelli, psichiatra e presidente di Nutrimente Onlus – Questa ossessione porta a una
Cosa fare allora? “Quando un comportamento alimentare diviene ortoressico in maniera rigida, si può affrontare con una buona psicoterapia, che sottolinei i benefici e le limitazioni di tale rigidità e che aiuti a individuare delle alternative più funzionali.
La psicoterapia può essere affiancata da un approccio dietologico che vada a correggere le sindromi carenziali che possono insorgere, quali deficit vitaminici (ferro calcio vitamina d vitamina b12)”.
Ma quali sono le ‘fissazioni’ più comuni che contraddistinguono l’italiano-medio a rischio ortoressia?
1) La pianificazione dei pasti si posiziona al primo posto (78%): dedicare gran parte della domenica a cucinare per la settimana ventura, calcolando alla perfezione le dosi di pranzo e cena, senza sgarrare di un solo grammo, con il fine di evitare cibi ricchi di sale, zucchero o geneticamente modificati.
2) Al secondo posto si posiziona il tempo trascorso al supermercato (75%): spendere gran parte del tempo libero alla ricerca degli alimenti più salutari presenti sugli scaffali, a discapito di altre attività più utili per il benessere della nostra salute, come l’attività fisica.
3) Al terzo posto il pensiero ossessivo del cibo (71%).
“Diversamente da altri disturbi alimentari – continua Bertelli – il focus non è sul peso o sulla forma corporea, ma sul mantenere il proprio corpo puro e sano. In quest’ottica è più vicino allo spettro ossessivo-compulsivo che a quello dei disturbi della condotta alimentare.
In
“Un’altra fonte di rischio di questa ossessione è che la conoscenza di questi soggetti spesso non si fonda su una reale competenza riguardo la nutrizione, ma su convinzioni personali, sentito dire, notizie pseudoscientifiche trovate su internet”, dice l’esperta.
Ma quali sono le principali città italiane dove questa patologia rischia di diffondersi a macchia d’olio?
La prima è Milano (33%), capitale della moda e non solo. Sono infatti i meneghini i più ossessionati dai valori nutritivi del cibo, capaci di spendere gran parte del tempo libero al centro commerciale, per disegnare un menù settimanale maniacale.
La seconda è Roma (27%): amatriciana e cacio e pepe vengono messe da parte, provocando insoddisfazione affettiva e persino isolamento sociale, causati dalla persistente preoccupazione legata al mantenimento di tali rigide regole alimentari.
Il podio è completato da Torino (21%) dove, fatta eccezione per agnolotti e bagna càuda, spesso i cittadini non transigono e vivono l’alimentazione con rigide regole autoimposte. Rinunciare a un appuntamento galante (76%), disertare le uscite di gruppo (72%) ed evitare cerimonie (68%) sono fra le conseguenze dell’ossessione per il mangiar sano. Gesti che possono essere fraintesi, creando tensioni e incidendo sulla vita sociale.
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