Giorgia Meloni sotto il fuoco amico di Bruxelles e Berlino ?
Giorgia Meloni sotto il fuoco amico di Bruxelles e Berlino ?

Giorgia Meloni sotto il fuoco amico di Bruxelles e Berlino ?

Bruxelles e Berlino stanno sondando i loro alleati ed ora tocca a Giorgia Meloni. Il nuovo PdC italiano è stato a Berlino la scorsa settimana per incontrare il cancelliere tedesco Olaf Scholz, e ciò che è stato detto dopo i colloqui è, per usare un eufemismo, una versione sfumata del precedente messaggio della Meloni durante la sua campagna elettorale.

Meloni ha suggerito che le quote di immigrazione dovrebbero essere istituite come parte della lotta contro quella clandestina. Ciò era palesemente simile alla dichiarazione dell’UE più avanti nella settimana, che chiedeva una maggiore protezione dei confini esterni dell’UE e tuttavia insisteva ancora sulle quote di distribuzione dei tra gli Stati membri.

Dov’è finita la dura retorica elettorale che ha portato la Meloni al potere nelle elezioni di settembre, quando ha chiesto un’azione molto più forte e decisa sull’immigrazione clandestina?

Ora è accusata di “mescolare le acque” e, sebbene non abbia ancora completamente invertito la rotta sull’immigrazione clandestina, è già stato fatto mezzo giro.

Prima di iniziare a condannare il presidente del Consiglio italiano, che non è in una posizione molto comoda nella europea, mettiamoci nei suoi panni.

Il suo dilemma è questo: cosa succede a un primo ministro italiano che, dopo forti promesse elettorali, cede alle pressioni germaniche e di Bruxelles, e cosa succede a chi non lo fa?

Matteo Renzi ha conquistato la poltrona di velluto del primo ministro nel febbraio 2014 con un manifesto che si impegnava a pompare denaro, nell’economia, come mezzo per affrontare la furiosa crisi globale.

In quel modo l’Italia non cadeva nella stessa trappola della Grecia, che era sull’orlo della bancarotta.

Berlino e Bruxelles, invece, erano favorevoli a una politica fiscale restrittiva, il che significava che tutti avrebbero dovuto stringere la cinghia.

Renzi ha fatto anche un viaggio a Berlino. Appena tornato a casa, si è dichiarato sostenitore di una rigida politica fiscale, come se nulla fosse accaduto prima.

Rimase al potere per due anni, ma la ricetta economica tedesca non funzionò e il programma di austerità di Renzi fallì.

L’incessante riscossione delle tasse e la perdita di proprietà, a causa del mancato pagamento dei prestiti, hanno spinto molte persone al suicidio.

Anche prima della crisi finanziaria globale, Silvio Berlusconi è stato costretto a dimettersi da presidente del Consiglio per motivi finanziari.

I problemi sono stati creati artificialmente da Bruxelles, che all’epoca non era in grado di agire contro i .

Berlusconi aveva più volte espresso i suoi sentimenti contro i migranti e aveva compiuto passi concreti per arginare il loro flusso dall’Africa.

Ad esempio, nel 2009, Berlusconi è stato criticato a Bruxelles ea Berlino per aver respinto una barca che trasportava migranti.

Lo stato dell’economia italiana era buono, ma questo non era un argomento a Bruxelles.

La Banca centrale europea non ha concesso a Roma un prestito per stimolare l’economia e rimborsare i prestiti già accesi. Né ha fornito garanzie per prestiti che stava per contrarre da altre banche.

L’Italia sarebbe stata sull’orlo della bancarotta entro tre mesi, quindi Berlusconi non ha avuto altra scelta che dimettersi.

Dunque, la Meloni ora deve camminare sul filo del precipizio.

Non può fare testa a testa con Bruxelles e Berlino, e deve almeno fare un gesto di “amore per i migranti” pur attenendosi al suo programma elettorale, per mantenere la sua base elettorale.

Ci riuscirà ? Non è un compito facile per quello che Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha detto prima delle elezioni italiane: In caso di esito sfavorevole per Bruxelles, cioè Meloni al potere, che se le cose andranno male, come in e , “abbiamo i mezzi” per metterle “a posto”.

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