[Italia] Alimentazione. I giovani preferiscono quello che costa meno.

I millennials del Belpaese hanno stili assai diversi quando si tratta di , ispirati a principi diversi: il gruppo più consistente è rappresentato dagli ”agnostici alimentari”, che cercano di bilanciare praticità e provenienza, qualità e prezzi, un quarto dei giovani è invece rappresentato dai ”consapevoli”, attenti a salute e sostenibilità, quindi ci sono i ”politeisti alimentari”, che si rivolgono indifferentemente a produttori e a prodotti di qualità, provenienza e produzione differente, infine ci sono gli ”sbrigativi”, che danno la precedenza alla praticità nella preparazione.

Fattore cruciale, nelle scelte alimentari dei giovani, è la convenienza, in grado di orientare anche una potenziale sensibilità alla qualità e alla provenienza geografica dei prodotti, mentre una quota consistente di Millennials (il 40%) è disponibile, almeno in linea di principio, ad orientarsi su scelte di consumo diverse, se ciò rappresenta una scelta ecologicamente sostenibile.

Ecco il rapporto tra i giovani italiani, tra i 16 ed i 35 anni, ed il mondo del , raccontato dalla ricerca ”Giovani, Cibo, Salute e Sostenibilità” curato dal Laboratorio Analisi Politiche e Sociali e dal Centro di Ricerca sul Cambiamento Politico del Dipartimento di Scienze Sociali Politiche e Cognitive dell’Università di Siena, che ha toccato diversi aspetti della cultura e del mondo dell’agroalimentare e dei consumi, dall’informazione alla Pac, dalle alle preoccupazioni legate agli alimenti, che il sito Winenews.it rilancia.

Così, ad esempio, si scopre che una grande maggioranza del campione intervistato è preoccupato della possibile presenza di sostanze nocive negli alimenti (menzionato dall’84% degli intervistati) del benessere degli da fattoria (80%), della contaminazione da batteri (79%) e delle malattie legate all’alimentazione come il diabete (79%).

Inoltre, destano preoccupazione l’impatto sull’ambiente che lo stile alimentare può avere (70%), l’aumento di peso (68%) e le reazioni allergiche (63%). Tra gli alimenti evitati, così, al primo posto c’è il latte non vaccino e i suoi derivati (evitati dal 23% dei rispondenti), seguito da latte e derivati vaccini (18%), dalla carne (14%), dal pesce (11%), dalle uova (9%), dalla a guscio (8%) e dal pane/farine di frumento (7%). Solo una parte residuale dei rispondenti evita la pasta (5%), la (evitate ciascuna dal 5% degli intervistati) e la frutta (con il 3% degli intervistati che la evita). E’ il prezzo la caratteristica che incide maggiormente sulla scelta dei cibi, con il 91% degli intervistati che la indica come molto o abbastanza importante, seguita dalle proprietà nutrizionali (importanti per l’85% del campione), dalla stagionalità del prodotto (84%), dalla provenienza italiana del prodotto (83%) e dall’affidabilità del brand (81%).

Per i tre quarti degli intervistati è importante che il cibo sia prodotto a livello locale (75%) e una porzione considerevole di intervistati indica leggerezza (68%) e produzione biologica (66%) come fattori rilevanti nella scelta degli alimenti. Per esplorare la disponibilità a cambiare stile alimentare, a coloro che hanno dichiarato di mangiare carne con maggiore regolarità (3 giorni a settimana o più, pari al 57% del campione) è stato poi chiesto se avrebbero preso in considerazione la possibilità di diminuirne il consumo, ove ciò fosse risultato utile a ridurre l’impatto del loro comportamento sull’ambiente. Una grande maggioranza di questi intervistati, pari al 77%, ha risposto che lo farebbe, mentre il restante 23% ha dichiarato di non aver intenzione di cambiare il proprio regime alimentare diminuendo il consumo di carne.

E a proposito di stili alimentari, dall’indagine emerge che il 78% del campione vorrebbe seguire un regime alimentare più sano ma che spesso non vi riesce; il 64% ritiene di seguire una sana per l’importanza che l’alimentazione riveste per la salute. Allo stesso tempo, il 49% degli intervistati mangia ”ciò che più … piace anche se alla lunga può danneggiare la salute.” Un terzo circa del campione è infine d’accordo con le affermazioni ”Mangio ciò che più mi piace perché ciò che piace difficilmente fa male” (36%) e ”Non do molta importanza al cibo, per cui mangio quello che capita” (31%).

Una sezione dell’indagine è stata invece dedicata al principale strumento attraverso il quale viene governata la agricola italiana, cioè la Pac, la Politica Agricola dell’Unione Europea: il 51% degli intervistati dichiara di non averne mai sentito parlare, il 39% di averne sentito parlare, ma non conoscerla nei dettagli, e solo un restante 10% dichiara di conoscerla nei dettagli.

Ma da dove prendono le informazioni sul cibo i giovani italiani, e che grado di fiducia c’è rispetto alle diverse fonti? Al primo posto si collocano due attori diversi, ma entrambi molto vicini all’intervistato: la famiglia e i di base, a cui danno credito su queste tematiche rispettivamente l’88% e l’83% degli intervistati. Seguono poi gli amici (69%).

Il livello di fiducia comincia poi a calare, per arrivare a meno di un terzo del campione che dichiara di aver fiducia nei social (23%) e nella televisione (32%). Nonostante la scarsa fiducia nutrita nei confronti delle fonti considerate, a ragione, meno affidabili, come social media e televisione, negli under 36 vi è una certa tendenza al complottismo: solo il 21% dei rispondenti sembra infatti non dare credito a cospirazioni di varia natura, mentre il 36% si colloca sul livello più alto dell’indice.

Oltre a denotare una spiccata sfiducia per la politica e i media, tali affermazioni rimandano ad un generalizzato senso di impotenza legato ad una concezione della realtà come predeterminata da azioni segrete delle politiche, economiche e dei mass-media. Inoltre, sulla stessa linea, l’atteggiamento cospiratorio incide anche sugli orientamenti verso la salute e la nutrizione: ad esempio, il 74% degli intervistati si dice d’accordo con l’affermazione ”per proteggere gli interessi delle lobby industriali il governo ci nasconde quanto lo zucchero raffinato sia dannoso per la salute”, mentre il 64% crede vera la teoria per cui ”l’industria alimentare e quella farmaceutica collaborano segretamente per nasconderci i danni che i loro prodotti causano alla salute”.

ASUC

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