LA CAPSULA, DALLO CHAMPAGNE AGLI SPUMANTI

Il problema della chiusura delle bottiglie di champagne esisteva già ai tempi di Dom Pérignon (1638-1715), considerato lo scopritore del metodo per rendere spumeggiante il .

Fino ad allora, siamo alla fine del Seicento, le bottiglie erano tappate con cavicchi di legno coperti di stoppa imbevuta d’olio e poi sigillati con la cera, ma questo sistema era tutt’altro che efficace, non tratteneva il gas ed era decisamente insufficiente a contrastare la pressione che si sviluppa nell’interno, per cui molte bottiglie “perdevano”.

Si ebbe allora l’idea di utilizzare dei tappi in sughero per tappare le bottiglie, ma si dovette ben presto imbrigliare rigidamente i tappi, con delle cordicelle di canapa annodate a mano, perché non saltassero sotto la pressione del gas naturale del vino.

Il dei legatori era molto difficoltoso e richiedeva un grande sforzo, e vennero inventati diversi tipi di strumenti e macchine per agevolare il loro .

Per una maggior garanzia di tenuta, alcuni negozianti completavano la legatura con uno o due fili di ferro attorcigliati, che venivano fissati con l’aiuto di apposite pinze cesoie. Tuttavia questo fissaggio metallico presentava delle difficoltà al momento di stappare le bottiglie, bisognava infatti tagliarlo con una pinza speciale o con un uncino di ferro, strumenti che spesso erano offerti in regalo dai negozianti ai loro clienti.

Il per applicare la legatura di spago ed il rinforzo di filo di ferro era però lungo, difficoltoso e costoso. Si cercò quindi di perfezionare il filo di ferro preformandolo, dandogli cioè una forma che ne facilitasse l’applicazione sul tappo ed il fissaggio sulla bottiglia: nacque così la gabbietta.

Sappiamo, da un vecchio catalogo H. Hemart et Lenoir, costruttori ad Epernay, che le prime gabbiette furono fabbricate intorno al 1881 o pochi anni prima. Erano inizialmente delle gabbiette molto semplici, a tre o quattro montanti, con un piccolo foro al centro, che venivano posate direttamente sul tappo o talvolta con una piccola placca di stagno posta tra la gabbietta e la parte superiore del tappo.

A questo punto entra in scena Adolphe Jacquesson (1800-1876), un produttore di Champagne di Châlons en Champagne, che il 5 luglio 1844 deposita il brevetto di una placca di lamierino fustellata e preformata, liscia o con impresso in rilievo la parola “Champagne”, che consentiva di coprire meglio e di abbellire il tappo, dimostrandosi ben presto la soluzione vincente.

La capsula permetteva di fissare saldamente il tappo assicurando un’ottima tenuta, era valida esteticamente e si poteva decorare con i simboli ed i marchi del produttore.

La forma della gabbietta si modificò nuovamente, il piccolo foro centrale fece posto ad un foro rotondo più grande nel quale veniva fissata la placca, che iniziò ad essere stampata con quattro scanalature sul perimetro, per alloggiare saldamente i montanti: era la forma attuale delle gabbiette, che non è più stata cambiata.

Agli inizi del 900 molti produttori utilizzavano già delle capsule personalizzate: erano molto semplici, con solamente il nome stampato in rilievo sulla placchetta metallica, ma erano considerate sinonimo di qualità e ben presto si cercò di renderle più interessanti dal punto di vista estetico.

Fu proprio la ditta Cortellazzi (1952) di Marmirolo a produrre per prima in Italia le gabbiette metalliche, l’idea geniale di Adolphe Jacquesson che risolveva una volta per tutte il problema dell’imbottigliamento del vino frizzante: la perdita dell’effervescenza attraverso il tappo.

I Fratelli Cortellazzi, Otello ed Evangelista, titolari di una bottega artigiana che iniziò la sua attività dedicandosi alla lavorazione del ferro, si specializzarono in seguito nella fabbricazione delle gabbiette per spumanti, mettendo a punto una prima macchina per la produzione di tali componenti partendo da un unico filo metallico (monofilo).

Verso il 1920 si iniziò a ricoprire il lamierino zincato con una vernice a smalto colorata (i colori più usati furono il verde, il rosso, il blu e il bianco) e, verso il 1940, iniziarono ad essere diffuse le capsule serigrafate e litografate in 4 colori (in realtà già nel 1906 la Pol Roger, nota Maison francese di champagne, aveva utilizzato delle capsule stampate in litografia).

L’evoluzione delle tecniche di stampa su metallo ha fatto sì che venissero prodotte capsule sempre più belle, decorate con simboli, marchi, figurazioni attraenti e di prestigio, tanto da divenire ben presto oggetto di collezione tra gli appassionati: alcune capsule infatti sono delle vere e proprie opere d’arte!

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