L’appuntamento è alle 9, nella piazzetta di Cerredolo, fra Modena e Reggio Emilia. Appennino. Da Cerredolo la strada sale: a sinistra verso il Passo delle Radici, a destra verso il Monte della Castagna. Un
Presidente, c’è una canzone che fa: «Sotto questo sole, bello pedalare e anche sudare». E’ bello pedalare e anche sudare?
«Bellissimo. Il ciclismo è così: più ti stanchi e più ti rilassi, più sudi e più ti rinfreschi, più soffri a salire e più godi nello scendere. Il ciclismo ti prende e ti restituisce, ti ruba e ti regala. Pretende fatica e dona emozioni».
Quando le è nata la passione per il ciclismo?
«Innata. Per un certo tempo ho anche cullato la speranza, l’illusione, di poter diventare un corridore. Conservo l’ordine d’arrivo di una classica di queste parti, la Reggio Emilia-Casina, 27 chilometri, 500 metri di dislivello, nel 1955. Primo Adorni Vittorio, il cognome e poi il nome, perché così tutto sembrava più importante. Dodicesimo Prodi Romano. Tempo, se la memoria non m’inganna, sui 58 minuti. Gareggiavo su una vecchia, già allora, Frejus, colore chiaro, una corona davanti e tre pignoni dietro. Gli altri vantavano già due corone davanti. Non per accampare scuse, ma Adorni aveva, oltre che molto più talento e gambe, anche un anno più di me».