Galileo, il 21 agosto 1609, si dedicò con eccezionale alacrità al perfezionamento del suo “cannocchiale” e poté finalmente puntarlo verso il cielo utilizzandolo altrettanto magistralmente in campo astronomico. Durante le notti serene dell’autunno e dell’inverno successivi, scrutò sbalordito la volta stellata effettuando osservazioni talmente rivoluzionarie da far crollare l’intera impalcatura dell’astronomia e della cosmologia aristotelico-tolemaica.
Prima di tutto individuò delle rugosità (montagne e crateri) sulla superficie della Luna, fino ad allora ritenuta completamente liscia e composta di materia celeste incorruttibile. Poi, con l’osservazione delle luci e delle ombre proiettate dalla Terra sulla Luna, capì il movimento relativo fra i due corpi celesti. Passando quindi all’analisi della Via Lattea, la identificò come un enorme ammasso di stelle e corpi celesti, raggruppati in ammassi. Infine focalizzò la sua attenzione su Giove, di cui scoprì 4 satelliti naturali battezzati prima “pianeti cosmici” e poi “pianeti medicei” e, correlando la natura di tali satelliti a quella della Luna, stabilì che Giove era un pianeta simile alla Terra fra altri pianeti simili.
Nel suo latino asciutto e misurato, Galileo annunziò al mondo queste strabilianti scoperte nel Sidereus Nuncius. Il suo trattato ebbe una eco immediata e vastissima divenendo un pilastro della “nuova”
Nonostante qualche inevitabile polemica, Galileo vide riconosciute le sue scoperte da Keplero, divenne famoso in tutto il mondo (perfino in
Qui tuttavia cominciarono i suoi problemi con gli accademici, laici, dei Lincei e con la Santa Inquisizione, la congregazione pontificia che si occupava delle eresie. I primi erano invidiosi dei successi di Galileo, erano scettici sull’affidabilità del nuovo strumento di osservazione (il telescopio), ed erano ancorati alla teoria geocentrica, che insegnavano da anni e che era molto più semplice da verificare. Saranno questi, nella persona dello scienziato Cesare Cremonini, a rifiutarsi di guardar dentro al telescopio, mentre i religiosi come il cardinale Roberto Bellarmino (poi Santo e Dottore della Chiesa) presero molto sul serio le innovazioni introdotte dallo scienziato.
Furono proprio gli scienziati dei Lincei a spostare la questione sul piano teologico, asserendo che se la teoria eliocentrica, attribuita a Niccolò Copernico (1473-1543), fosse stata vera, avrebbe contrastato con il brano dell’Antico Testamento in cui si afferma che il Sole fu “fermato” da
Galileo non ebbe la capacità di tenersi fuori da questa diatriba, forte del sostegno sul piano scientifico da parte di insigni religiosi, e dichiarò che allora quel brano della Scrittura doveva ritenersi non ispirato.
A causa di questa commistione del piano teologico con quello scientifico, nel 1616 l’Inquisizione proibì l’insegnamento della teoria eliocentrica come certa e provata. Il nome di Galileo non compariva nella condanna: stimato da molti ecclesiastici, tra cui il futuro papa Urbano VIII, allo scienziato fu comunicato privatamente di non insegnare come certa la teoria copernicana e gli fu ingiunto di rimuovere i passi scritturali dalle nuove edizioni del Sidereus. Promessa che Galileo non mantenne nell’edizione uscita a Bologna nello stesso anno. Evidentemente in lui più di tutto poterono la consapevolezza di essere nel giusto e l’amore per la libertà.
I 550 esemplari della prima edizione del Sidereus Nuncius (Venezia, Baglioni, 1610) andarono esauriti in poco più di una settimana. Nello stesso anno ne uscì una seconda edizione a Francoforte, probabilmente illegale, con xilografie (anziché le incisioni originali) poco accurate e con errori di orientamento e di definizione. Solo dopo la