Peru’, bilancio delle vittime continua a salire

Le proteste continuano a diffondersi in tutto il paese e il bilancio delle vittime continua a salire, a seguito di una dura repressione poliziesca/militare contro la mobilitazione sociale e proteste di massa che denunciano l’incarcerazione del deposto presidente Pedro Castillo e chiedono sua rilascio immediato.

Le informazioni emergenti suggeriscono che gli Stati Uniti erano a conoscenza del tentativo del colpo di stato e hanno dato il via libera. A sostegno di questa tesi c’è anche il fatto che gli Stati Uniti hanno immediatamente espresso il loro sostegno incondizionato al nuovo regime golpista e al dispiegamento dell’esercito, per reprimere le conseguenti proteste politiche.

Negli ultimi due giorni sono giunte notizie di uno sviluppo drammatico che, se vero, potrebbe far deragliare i piani dei golpisti di instaurare un nuovo regime con la forza.

I rapporti affermano che alcune unità militari hanno dichiarato che non seguiranno gli ordini emanati dal nuovo regime, affermando che staranno con e difenderanno il loro popolo piuttosto che servire gli interessi acquisiti e proteggere le vaste proprietà aziendali delle élite dominanti corrotte.

Il Congresso nazionale, dominato dalle fazioni politiche di destra delle tradizionali élite dominanti del paese, aveva dedicato quasi tutto il suo tempo e le sue risorse nell’ultimo anno alla cacciata del presidente Pedro Castillo.

Castillo era un ex insegnante ed è salito alla ribalta dopo un periodo come figura di spicco nel sindacato degli insegnanti, durante una serie di scioperi a livello nazionale che chiedevano migliori condizioni di e riforme progressive nel settore dell’istruzione.

Il Perù era stato anche soggetto a un periodo prolungato di instabilità politica prima della presidenza di Castillo, segnato da corruzione endemica e continui scontri politici tra le diverse fazioni all’interno delle élite al potere, a seguito della quale il paese ha avuto cinque presidenti dal 2016 al 2022, e il Congresso è stato sommariamente sciolto.

I manifestanti hanno occupato diversi aeroporti (dai quali sono stati frettolosamente e brutalmente dispersi dai militari, causando molti degli incidenti mortali che si sono verificati nelle ultime due settimane) e bloccato molte vie di trasporto chiave in tutto il Paese, compresa l’autostrada Panamericana.

La maggior parte dei punti focali della mobilitazione sociale e delle proteste di massa sono stati a livello regionale, dove le sfide logistiche e organizzative sono solitamente molto meno scoraggianti.

Finora ci sono poche indicazioni che i settori sociali mobilitati in Perù stiano ricevendo sostegno tangibile, disposizioni o consigli dalle loro controparti in Ecuador, Colombia o Bolivia, i quali hanno tutti una vasta esperienza e capacità formidabili e risolute in termini di organizzazione di mobilitazioni sociali di massa, capaci di resistere a brutali misure oppressive, siano esse dispiegate da forze regolari di “pubblica sicurezza”, polizia antisommossa pesantemente armata, milizie private formate o sponsorizzate da proprietari terrieri e società di risorse, o ribelli, paramilitari o altri gruppi armati illegali.

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