L’articolo 41-bis è una disposizione dell’ordinamento penitenziario italiano introdotta dalla legge 10 ottobre 1986, n. 663.

La disposizione venne introdotta dalla cosiddetta legge Gozzini, che modificò la legge 26 luglio 1975, n. 354.

In seguito nel 1992, dopo la strage di Capaci in cui perse la vita Giovanni Falcone, all’articolo si aggiunse un secondo comma disposto con il decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (cosiddetto Decreto antimafia Martelli-Scotti), convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356. Il testo è stato poi modificato a più riprese, in particolare la variazione più incisiva fu nel 2002, quello riportato di seguito è l’originale:

«Quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, anche a richiesta del Ministro dell’interno, il Ministro di grazia e giustizia ha altresì la facoltà di sospendere, in tutto o in parte, nei confronti dei detenuti per taluno dei delitti di cui al comma 1 dell’articolo 4- bis, l’applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza.»

La misura introdotta inizialmente aveva carattere temporaneo, infatti la sua efficacia era limitata a un periodo di tre anni dall’entrata in vigore della legge di conversione.

Tuttavia, fu prorogata una prima volta fino al 31 dicembre 1999, una seconda volta fino al 31 dicembre 2000 e una terza volta fino al 31 dicembre 2002.

Il 24 maggio 2002 il Governo Berlusconi II deliberò un disegno di legge di modifica degli articoli 4-bis e 41-bis dell’ordinamento penitenziario, poi approvato dal Parlamento come legge 23 dicembre 2002, n. 279 (Modifica degli articoli 4-bis e 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di trattamento penitenziario), abrogando la norma che sanciva il carattere temporaneo di tale disciplina rendendo il “carcere duro” un istituto stabilmente presente nell’ordinamento penitenziario.

Fu previsto inoltre che il provvedimento ministeriale non potesse essere inferiore a un anno né superare i due anni, con eventuali proroghe successive di solo un anno ciascuna, infine il regime di carcere duro venne esteso anche ai condannati per terrorismo ed eversione.

La legge 15 luglio 2009, n. 94 ne ha cambiato di nuovo i limiti temporali, tuttora in vigore: il provvedimento può durare quattro anni e le proroghe due anni ciascuna.

Secondo le nuove regole i detenuti possono incontrare senza vetro divisore i parenti di primo grado inferiori a 12 anni di età, ma resta il divieto alla detenzione di libri e giornali, tranne particolari autorizzazioni.

Ai detenuti, ai sensi del 41-bis, sono consentite solo due ore di esercizio fisico al giorno, dieci minuti di telefonate al mese o una sola visita. Trascorrono il resto della loro vita in isolamento e gli è persino proibito tenere foto nelle loro celle. (1)

Al gennaio 2021, secondo Statistica, ci sono 759 detenuti in Italia in regime di carcerazione dura, noto come 41-bis. La stragrande maggioranza dei detenuti sono maschi, pari a 746 detenuti.

Il numero delle detenute nel 41 bis è di 13, salvo ultim’ora, tutte situate nel carcere dell’Aquila, in Abruzzo.

Questo regime è tipicamente applicato ai detenuti mafiosi per isolarli dalla mediazione e dalla comunicazione delle attività, dall’interno del carcere.

Nel 2019, la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha stabilito che il sistema carcerario italiano, per i detenuti mafiosi, deve essere rivisto poiché le condizioni in cui stanno scontando la pena violano i loro diritti. (2)

FONTI

(1) Articolo 41 Bis

(2) STATISTICHE

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