L’Alimentazione al tempo di Dante Alighieri

Per quanto scarsa e sottoposta a cicliche carestie, l’alimentazione era sufficiente e la solidarietà nutriva anche i più poveri. I pasti principali erano due: il desinare, fra le nove e le dieci, e il cenare, in inverno al tramonto, l’estate un po’ prima. Per i ricchi, la
merenda, a metà giornata. Ma soprattutto venivano consumate grandi quantità di pane, base dell’alimentazione, scuro ed integrale, e non solo di , ma anche di orzo, vecce, segale, lupini ecc. Si cucinava solo al mattino e la sera si consumava i resti. Zuppa di legumi, con pane raffermo o senza, formaggio, olive e “rizzati” come dicono i fiorentini. Due volte la settimana (giovedì e domenica) un po’ di bollito di manzo o arrosto di pecora, vitello, agnello.

Nelle vigilie, venerdì e quaresima, rigidamente osservate, si consumava cereali, (ceci,
fagioli, vecce, lupini, orzo ecc.) e verdure. Chi poteva permetterselo, o se li pescava, pesci d’Arno o ranocchi. Tonno, tonnina e acciughe erano considerate gran leccornia; (le aringhe ed il baccalà non erano ancora importate dalla Norvegia). Per i ricchi, pesce di mare, non freschissimo naturalmente.

Nei giorni di festa, piccole quantità di maiale, selvaggina, pollame. Un lusso era l’usare una gran quantità di pepe, soprattutto a causa della scarsa possibilità di conservazione della carne:altrimenti, aceto.Come bevanda acqua o vinaccia annacquata (acquerello). Il pretto era solo per gli uomini, all’osteria.

I grassi alimentari sono scarsi. La coltivazione dell’ulivo non era ancora nella sua massima espansione e per cucinare si consumava per lo più lardo o, per più poveri, anche la sugna.

Un piatto tipico e quotidiano della tavola fiorentina popolare? Si mette nel paiolo un trito di cipolla ed aglio, un po’ di sugna, ma a “miccino”, e cavoli affettati. Si aggiunge poi acqua e sale.Dopo la bollitura si aggiungono fette di pane abbrustolite.

Anche l’insalata si condisce spesso con un po’ di pancetta o lardo sciolte un po’ nella padella. Un bicchiere d’acquerello (detto anche sprezzantemente ed amaramente cerborea)
rallegrava, per così dire, il pasto.

Di tutto ne doveva rimanere anche per la cena. Il concetto del tempo era molto diverso dal nostro. I rari che scrivevano di notte lo misuravano con la candela graduata, con l’arenario o clessidra, e con la meridiana di giorno. Ma soprattutto con le campane, soprattutto con quella di Badia, con cui s’indicava “e terza e nona”, vale a dire, secondo il commentatore dantesco Jacopo della Lana, l’ora di inizio e della fine del .

La campana del Palazzo dei Priori pesava 5.775 chili e richiedeva dodici uomini per
muoverla.

Qual era la giornata del fiorentino medio? Sveglia alle sei, un’abluzione molto sommaria,
viso, mani e collo. Per colazione – il latte era derrata cara – un tozzo di pane con l’immancabile acquerello e tutti, soprattutto le donne, a messa. Gli uomini andavano al con una mela, o poco più, in tasca, accompagnata dal consueto seccherello (pane raffermo).

Gli uffici pubblici aprivano all’alba e chiudono alla “nona” (le 15), orario cui dovevano
smettere il anche gli artigiani. Ma probabilmente lavoravano tutti finché durava la luce delgiorno (circa le ore 18 – Vespero -).

Dopo la cena a letto, tranne che d’estate, quando si poteva passeggiare fino al
coprifuoco. Solo i bordelli e le osterie potevano restare aperti fino a
compieta, ma chi era fuori a quest’ora era considerato con sospetto.

Il sabato pomeriggio era libero e dedicato alle pulizie della casa e della persona. Le stufe, nelle antiche terme romane, permettevano una pulizia meno sommaria di quella quotidiana del mattino. La domenica la messa era obbligatoria ed il lavoro interdetto, tranne nel caso dei barbieri, dei fornai, del calzolai e degli speziali. Le riunioni pubbliche dei privati cittadini erano concesse solo per motivi religiosi. Da ciò deriva l’incredibile sviluppo delle Confraternite religiose dei laudesi, unica occasione di aggregazione sociale. Anche ai matrimoni, funerali e battesimi era imposto un numero massimo di partecipanti. Il controllo politico, in mano alle Arti, era rigoroso ed opprimente.

Fonte: testo tratto dal libro di Vanni – La Pratomassoneria Fiorentina

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