L’amore fraterno tra i discepoli deve essere di sostanza e radice trinitaria, amore filiale a che si allarga fraternamente al prossimo, cioè a tutti gli uomini. In questo senso, il precetto di 1 Gv 4,20-21 (“Chi non ama il proprio fratello che vede in comunità, non può amare Dio perché non lo vede in Lui.

Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello/sorella come una risonanza del duplice comandato dei Sinottici (cfr. Le 10,25-37).

Il discepolo di Gesù, per diventare figlio del Padre celeste (per arrivare ad essere
dinamicamicamente, attraverso l’esercizio della virtù, quello che già è per il battesimo), deve amare con amore di carità non solo i fratelli ma tutti: buoni e malvagi, amici e persecutori, giusti e ingiusti ( cfr. Mt).

Altrimenti coloro che sono figli del Padre e non sono capaci di manifestarlo attivamente, coi fatti, cioè nella loro condotta non si possono definire figli di DIO: “Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,48).

Da tale prospettiva il nostro tema di riflessione deve essere concepito come un tentativo di ripensare l’identità comunitaria alla luce della partecipazione con Cristo, vale a dire nello Spirito Santo verso il Padre e verso tutti gli uomini e le donne, suoi fratelli e sorelle.

Il comandamento dell’amore – è composto dall’inizio da diversi termini presi dal linguaggio greco o latino (pao, agape, amare, amor, caritas, diligere, dilectio). Dall’uso biblico di
agape, usuale nel linguaggio greco classico per esprimere gli affetti si può dedurre che il vocabolo abbia acquisito nel linguaggio cristiano fin dall’inizio, un significato nuovo: quello appunto dell’amore in Christo per Dio e per gli uomini.

Il lemma latino adoperato da s. Girolamo nella Volgata diventerà il termine cristiano più abituale per tradurre agape insieme con dilectio (vocabolo cristiano originale, introdotto nella letteratura patristica nel sec. II ad Alessandria), e amor (frequente in sant’ Agostino).

L’Agape è stato oggetto di diversi studi filologici e storici, come quelli di Hélène Petre, Christine Mohrmann, Ceslas Spica ed altri autori.

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