Comunita’ parrocchiali, Correggere chi sbaglia

San Tommaso di Aquino, in diverse opere, afferma che l’opera di misericordia diretta all’ammonimento dei peccatori è propriamente la correzione fraterna, e persino alcuni autori spirituali la formulano come: “correggere chi sbaglia”.

In alcune comunità parrocchiali ci sono fratelli e sorelle in Cristo in cui avvengono peccati veniali e mortali, alcuni di essi a conoscenza non soltanto dei preti, ma anche di amici e conoscenti. Cosa fare in questi casi ?

Ci sono situazioni in cui alcune sorelle e fratelli disconoscono le parole di Cristo: Se tuo fratello ha peccato, avvertilo in segreto … (Mt 18,15), preferendo il cosiddetto -chiacchiericcio- o per meglio dire la calunnia.

In altri casi, quando avviene un fatto e lo si comunica al diretto interessato, in segreto, il peccatore a ragione di logica dovrebbe essere grato ed umilmente chiedere perdono per il fatto avvenuto ed aver cura di chi lo ha ammonito, ma se ciò non avviene ?

L’ammonimento in ‘segreto’ , se pur avvenuto non ha sortito alcun effetto? Anzi ha portato alla luce la vera anima ipocrita di alcuni che si professano bravi cristiani ? Allora la situazione diventa piuttosto enigmatica.

Ora…a logica, la correzione non è un fine in se stessa, ma ha come obiettivo la salute eterna del fratello o sorella. Aiuta anche alla salvezza personale: Chi avrà riportato indietro un peccatore dall’errore della sua via salverà l’anima del peccatore dalla e coprirà una gran quantità di peccati (Gc 5,20).

Nella Summa Teologica leggiamo chiaramente due cose:

A. La correzione è un mezzo che va impiegato contro il peccato.

B. Il peccato implica due generi di male: verso lo stesso peccatore (chi pecca), verso gli altri, che si dà con lo scandalo.

Nel primo caso la soluzione è togliere il male che il fratello si è inflitto se stesso, e questo è lo scopo della correzione fraterna.

Togliere il male significa procurare un bene, e questo è proprio della Carità. Per questo, la correzione fraterna è atto di Carità.

Mentre nel secondo caso (il danno agli altri per lo scandalo) dirà che è un atto di giustizia.

A tal proposito il compito è nel garantire tre cose:

1 – Che sia ordinato al retto fine: Il superiore dirige l’inferiore (Dio con l’uomo; il padre con il figlio, ecc.)

2 – Badare che non si allontani della via verso il retto fine: lo conduce o regge.

3 – Se capitasse che si allontanasse, che lo riconduca alla via retta: questo è correggere. Ma questo si può dare in due modi:

a) per il timore o l’odio a ciò che è turpe (il peccatore pentito con il suo peccato: contrizione).

b) per il timore di ciò che è spiacevole = la pena dei castighi (attrizione). Quest’ultimo si dà con una certa coazione, perché bisogna ricondurlo per forza alla rettitudine. E’ detto raddrizzamento (lat: correctio). Questo è proprio dei prelati (dei superiori).

San Tommaso aggiunge alcune considerazioni. Ad esempio: «Se può venire corretto da me, non dirlo al prelato; se venisse fatto meglio dal prelato, allora dirlo al prelato. Ma non si può dare un giudizio unico (in caso che il prelato avesse animosità contro il suddito, o questo non gli importasse al prelato, ecc.). Le varianti sono diverse.»

Il problema odierno è il menefreghismo o peggio l’omissione della correzione: Se non si corregge, afferma S. Agostino: “Tu diventi peggiore con il tuo silenzio che lui col suo peccato”.

La correzione si fa appellando al giudizio della ragione, ed il peccatore non perde il bene della natura, conservando cioè un certo giudizio della ragione, perfino quando il suo peccato mette un ostacolo a questa correzione.

San Tommaso afferma che questo ammonimento è quello che si chiama correzione fraterna e procede dalla Carità.

Nell’agire umano si fa ricordare l’azione la quale forse non è stata percepita da quello che l’ha fatta come sbagliata, tant’è che poi lo si evince nell’intorno dai fratelli e sorelle, amici del peccatore, ovvero dai loro sguardi dalle azioni ed i comportamenti in cui è percepibile le calunnie e le offese ingiuste verso il correttore.

Portiamo un esempio pratico. Un nostro utente racconta nel entrare in chiesa insieme ad una donna; lui va a pregare al santissimo. Nella panca di lato a destra si siede tale persona che ha una chitarra ed un libretto dei canti. Quella sera c’era una veglia.

La persona, indifferente della presenza del fratello che prega davanti al santissimo, inizia a provare gli accordi della chitarra e canta ad alta voce.

L’utente termina di pregare e va verso l’uscita, ma poi ci ripensa e torna sui suoi passi. Nel contempo il chitarrista aveva smesso di suonare. Quando l’utente si è palesato a suddetta persona, il chitarrista ha ripreso a suonare e cantare. Ai cenni di un dialogo esso gli ha risposto:”Ci sei o ci fai, sto provando. Stasera ho da suonare e cantare. Se hai da pregare vai altrove”.

Ammettere gli errori commessi mostra l’ autentico desiderio di progredire nel bene. La correzione non fa piacere a nessuno ma è doverosa, poiché il Signore Gesù la richiede: “Se il tuo fratello sbaglia, ammoniscilo!”, e l’apostolo Paolo, più volte ne evidenzia la necessità: “Vi esortiamo, fratelli: correggete gli indisciplinati, confortate i pusillanimi, sostenete i deboli, siate pazienti con tutti” (1 Ts.5,14).

Tutt’altra situazione è quando il peccato è pubblico quindi occorre la denuncia perché si deve provvedere non solo al bene del fratello che pecca, ma pure al bene di quelli che sono a conoscenza del peccato. Ecco perché si dice: (1 Tim 5,20): Quelli che peccano, riprendili in presenza di tutti, perché anche gli altri abbiano timore.

San Girolamo afferma che si deve scegliere uno, e poi, due, perché servano di testimonianza della correzione, e non venga imputato (in caso di contumacia del peccatore) a quello che corregge. Ma riporta anche un’altra ragione, perché lo convincano del peccato, giacché certuni sono tanti ostinati che non si convincono.

Cosa avviene però se il peccatore millanta a tal punto nel convincere altri fratelli e sorelle nel sostenerlo ? Tutti vengono coinvolti nel suo peccato ed ovviamente il demonio sarà ben felice di accogliere questi ipocriti nel suo regno.

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NOTE

Per quanto sopra ci siamo avvalsi di quanto segue: Formule di dottrina cattolica, della Carità (Bib. Cultura religiosa 109; Roma 1965), San Tommaso, Commento al Vangelo di San Matteo, lez. II (Mt 18, 15-17). San Tommaso, Commento alle Sentenze di Pietro Lombardo, L. IV, d. 19, q.2, a.1. Vangelo di San Matteo, lez. II (Mt 18, 15-17). Bibbia- Voz-Cattolica.

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