Aziende e CEO, Cosa fare quando non si ha un ufficio stampa

Nel maggio del 2015 ci sono state delle proteste, a Milano, in occasione dell’apertura della Expo, e alcuni edifici della città sono stati danneggiati.

Il giorno dopo i giornali hanno pubblicato una fotografia in cui si vede una ragazza che – sciarpa sul viso e cappuccio in testa – imbratta delle vetrine con una bomboletta spray. Al polso, la ragazza ha un orologio, probabilmente un orologio dal nome noto. L’allora Ministro degli Interni Alfano ha commentato: «Ieri in piazza ho visto farabutti con il cappuccio e figli di papà coll’orologio firmato». E l’allora Presidente del Consiglio Renzi ha elogiato i manifestanti che hanno saputo mantenere la calma, «mentre quelli coll’orologio di marca nota andavano a distruggere le vetrine».

Ebbene…l’amministratore delegato dell’azienda dal noto marchio indicata dal ministro, inviò a tutti i quotidiani una lettera che pubblicarono per intero. Di seguito il testo:

Egregi Signori,

Vi indirizzo la presente nella mia qualità di Amministratore Delegato di XX.

Come i Vostri uffici stampa avranno modo di confermare, in data 2 maggio 2015 e successivamente il giorno 3, all’indomani delle devastazioni avvenute a Milano in occasione dell’inaugurazione di EXPO 2015, i nazionali e web hanno riportato con ampio rilievo in virgolettato le Vostre dichiarazioni relative all’operato delle Forze dell’Ordine, ivi compreso il messaggio «sconfitti i soliti farabutti col cappuccio e figli di papà con il rolex».

Se, personalmente e come cittadino di Milano, nell’occasione non ho potuto che apprezzare il sacrificio e la dedizione delle Forze dell’Ordine, debbo, invece, per la mia carica esprimere profondo rincrescimento e disappunto per l’associazione insita nelle Vostre parole fra la condizione di «distruttori di vetrine» ed il fatto di portare un orologio XX al polso.

Al di là del fatto che, dalla qualità delle foto e dei video che sono stati diffusi dai media, è altamente improbabile poter desumere un’affidabile identificazione come XX (e ancor più, come XX autentico) dell’orologio indossato dai facinorosi che stavano commettendo evidenti reati, credo che il dettaglio dell’essere – o non essere – quest’ultimo di marca XX, sia obiettivamente cosa marginale rispetto al “cuore” delle Vostre dichiarazioni.

Purtroppo l’eco suscitata dalle Vostre parole è stata straordinariamente vasta ed ha prodotto l’inaccettabile affiancamento dell’immagine di XX alla devastazione di Milano e all’universo della violenza eversiva.

Mi permetto di ricordare che XX è presente nel nostro Paese da oltre ottant’anni. XX ITALIA SpA è da sempre un «cittadino» esemplare di Milano, ossequioso della legalità e molto spesso chiamato a collaborare con le Forze dell’Ordine in occasione di indagini relative al nostro settore.

Da ultimo, rammento che la parola XX costituisce un marchio celebre registrato in Italia e nel mondo ed è uno dei primi dieci brand per riconoscimento a livello mondiale. Il suo utilizzo in caratteri minuscoli ed in forma sostantivata generica non risponde a correttezza ed è suscettibile di diluire e pregiudicare il suo valore e la sua distintività.

Ho preso la libertà, dopo profonda riflessione, di pubblicare la presente sulla stampa nazionale a doverosa autodifesa, nell’immediato, della reputazione del marchio e dell’immagine di XX.

Confidando in una Vostra cortese dichiarazione di rettifica, con ossequi.

La lettera ovviamente rimarca una situazione che ha danneggiato l’immagine dell’azienda, pertanto doverosa, ma diversi giornalisti ritennero tale testo legnoso ed inoltre non era l’AD che doveva scrivere quel testo piuttosto l’ufficio stampa.

Cosa fare quando non si ha l’ufficio stampa, oppure lo si scavalca ritenendo di dover rispondere ufficialmente ?

Di seguito un esempio pratico:

Nell’agosto del 2017 un corteo di suprematisti bianchi ha manifestato nelle strade di Charlottesville, negli Stati Uniti, con in mano delle bandiere naziste e delle torce.

A differenza delle torce usate tradizionalmente nelle parate del Ku Klux Klan, queste erano comuni torce da giardino di una famosa marca americana. Non una buona pubblicità, per l’azienda, e di fronte a una platea non nazionale, ma mondiale.

Il giorno dopo l’azienda ha pubblicato su Facebook un post semplice di poche righe, ed a seguito di esso i commenti furono all’80% positivi.

Si ringrazia per lo spunto, Claudio Giunta (leparoleelecose.it)

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