Le implicazioni teoriche e pratiche di questo nuovo approccio all’agricoltura sono assai
vaste e profonde; esse spaziano dalla qualità del al mantenimento e cura della salute
umana e animale, all’ecologia e salvaguardia del pianeta, nonché ad una recuperabile armonica relazionalità sistemica dell’uomo con il creato.

Il nome, agro ompeopatia si riferisce alle tecniche omeopatiche utilizzate per curare le coltivazioni, il giardino e gli orti. Si tratta del rimedio meno tossico per la coltivazione degli alimenti e dell’agricoltura biologica. L’obiettivo principale dell’agro omeopatia è di massimizzare l’assorbimento dei nutrienti da parte delle piante.

Il WFP, Programma Alimentare Mondiale, ci dice che 795 milioni di persone nel mondo
non hanno abbastanza da mangiare. Nei Paesi in via di sviluppo 66 milioni di bambini in età
scolare frequentano le lezioni a stomaco vuoto.

È stato detto che la bocca è la porta della salute e Ippocrate sosteneva: “Il cibo sia la tua medicina, la tua medicina sia il tuo cibo”. “Il saggio non aspetta che gli uomini siano malati per curarli, li guida quando sono in buona salute” (Nei King). Ma se il cibo è avvelenato ecco manifestarsi gravi e numerose malattie che oggi affliggono l’uomo.

L’agro omeopatia vuole quindi ridurre il ricorso alla chimica in agricoltura e migliorare la salute delle piante e di quanto mangiamo.

La suscettibilità delle piante all’azione medicamentosa e curativa dell’omeopatia conduce,
senza possibilità di elusione, al loro riconoscimento come esseri viventi, corroborando
con ciò il postulato teosofico: “Tutto ciò che esiste sono manifestazioni diverse della Vita Una”. “La materia non è inerte. È viva e attiva” (Ilya Prigogine, premio Nobel per la chimica, 1977).

Il principio dell’omeopatia nella pratica agricola fu introdotto per la prima volta negli
anni Venti del secolo scorso dai coniugi Kolisko, sulla base degli insegnamenti di Rudolf
Steiner, il fondatore dell’antroposofia e in collaborazione con la dottoressa Ita Wegman,
della medicina antroposofica, con la denominazione di “agricoltura biodinamica”. Tale
pratica prevede aziende agricole a ciclo chiuso, cioè contempla anche l’allevamento di e l’attività di quant’altro sia utile alla conduzione delle stesse.

A livello internazionale, il successo più notoe lusinghiero ottenuto con questo metodo è
quello dell’ingegnere Ibrahim Abouleish, che ha trasformato un lembo di deserto egiziano
(circa 500 ettari) in “oasi” verdeggiante dove si coltiva prevalentemente cotone che si esporta in .

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