Gargano, Santuario sotterraneo di San Michele

santuario_san_michele_arcangeloSul massiccio roccioso del Gargano sorge il Santuario sotterraneo di San Michele ancorato alla vecchia terra d’Europa e affacciato verso l’Oriente. Il suo splendido portale di bronzo può essere considerato come una bocca aperta sull’anima segreta e terribile del medioevo. In alto, in corrispondenza delle porte, sono collocate due lapidi rettangolari inquadrate da cornici ed in quella di destra si legge la seguente epigrafe: “TERRIBILIS EST LOCUS ISTE HIC DOMUS DEI EST ET PORTA COELI” (impressionante è questo luogo qui è la casa di e la porta del cielo). Il portale mostra storie di angeli e arcangeli tra salvezza e gioia, lotte e sconfitte; la spada infuocata che caccia dal paradiso; Giacobbe che lotta con l’angelo; Isacco salvato dal sacrificio del padre Abramo.
La leggerezza dei voli angelici e la durezza del bronzo si spalancano sulla oscura nella quale un giorno brillerà la luce salvifica e accecante dell’arcangelo Michele guerriero di Dio. Questa è l’anima angosciante e irreale, diabolica e angelica, dolce e violenta del medioevo. Una vitalità che passa dalla grandezza biblica all’emotività fanciullesca sino ad arrivare agli eccessi scomposti; ma sempre oscillante tra l’immenso bene e l’oscuro male. Le leggende popolari si nutrono della fine apocalittica fondata sulle predicazioni di personaggi in equilibrio tra santità e follia, generando il terrore per il crollo del mondo ma allo stesso tempo una impetuosa voglia di vivere. Questo è l’uomo medievale: mistico e guerriero. Le cronache ci hanno riportato biografie di personaggi che racchiudono nella loro vita gli eccessi del medioevo. Uno per tutti è Folco di Nerra (987-1040), della famiglia dei Conti d’Angiò, non solo noto perché a lui si attribuisce l’idea di sostituire gli antichi castelli fortificati in legno con le imponenti strutture di pietra che ancora oggi possiamo ammirare, ma soprattutto lo ricordiamo per il temperamento fatto di estremi e passione sfrenata. Quando ha un dissenso con un vicino piomba sulle sue terre, saccheggia, rapina e uccide senza che niente lo possa arrestare, neppure i comandamenti di Dio. Attacca il monastero di San Martino di Tours, mette a ferro e fuoco quello di Saint-Florent e saccheggia la casa di un canonico. Tuttavia si abbandona anche a penitenze incredibili: sulla stessa tomba di San Martino – di cui aveva maltrattato i monaci – andrà a piedi nudi col capo cosparso di cenere in abiti da straccione penitente. E per ben quattro volte si recherà a Gerusalemme in pellegrinaggio digiunando sino alla debolezza. Percorre seminudo la Via Dolorosa della Passione mentre due suoi servi lo flagellano a sangue gridando: “Signore abbi pietà del tuo spergiuro Folco!”. La sregolatezza sessuale è assai diffusa. Il popolo minuto spesso vive in condizioni di vita materiale tali da giustificare abitudini quasi , mentre i signori feudali non nascondono affatto la lussuria e la violenza. Il figlio dello stesso Folco di Nerra, Goffredo Martello, mantiene un vero e proprio harem, e il duca di Borgogna, Roberto il Vecchio, caccia sua moglie dicendo chiaramente che vuole vivere più liberamente e non esita ad uccidere il suocero che gli rimprovera l’accaduto. Ciò non gli impedirà di chiedere ai monaci salmi penitenziali cantati alla sua . Anche il clero si trova coinvolto in questo turbine di passioni sfrenate. Il concilio di Trosly, nel 909, accusa le concubine dei preti così come ad Augsburg nel 952 si ordina di arrestare, frustare e tosare queste donne. Quelli di Ause presso Lione del 994 e di Poitiers nel 1000 rincarano l’accusa; lo stesso papa Bonifacio VIII a Pavia nel 1023 si indigna pubblicamente e ordina che tutti i figli dei preti e dei monaci siano ridotti in servitù. L’abitudine è assai diffusa in , Francia e Italia. Tuttavia è dal clero stesso che si levano aspre condanne, a significare che nella Chiesa dell’Anno Mille vive un cuore di spiritualità e di candore religioso che presto troverà il modo di esprimersi. Di questi tempi è San Pier Damiani, colui che ridarà slancio all’ordine monastico attraverso i Camaldolesi. Lui stesso attacca il prelato Rambaldo di Fiesole, accusandolo di vivere circondato da uno sciame galante, e Dionigi di Piacenza che si mostra più esperto in bellezza femminile che in sacra. Lo spirito popolare reagisce alla corruzione della chiesa generando nuove eresie, oramai assenti dall’occidente da più di due secoli; e l’eresia dell’Anno Mille ha un carattere decisamente anticlericale ma non antireligioso, prendendo la via manicheista: tutto il bene da una parte, tutto il male dall’altra. Ad Orléans nel XI secolo, dove l’eresia è ben organizzata in sette che accoglievano preti, canonici, professori universitari, si insegna la ribellione verso la Chiesa organizzata, la negazione dei dogmi inclusi l’Incarnazione e la Resurrezione; la negazione del culto, della gerarchia e delle immagini; il disprezzo per la vita terrena, il , il e la carne. Ma molto presto la dottrina morale più rigida si accompagna a costumi liberti, e terribili voci cominciano a diffondersi sugli eretici. Rodolfo il Glabro racconta: “Essi si adunano certi notti in una casa designata, ognuno con una lampada in mano, e cantano sotto forma di litania i nomi del diavolo, fino a che improvvisamente vedono scendere il demonio stesso in mezzo a loro sotto forma di una bestia. Subito spengono tutti i lumi e si abbandonano a un’orgia. Ciascuno afferra la donna che gli capita e ne abusa, senza badare se si tratta di sua madre, sua sorella o una religiosa. Il figlio di questa orgia, l’ottavo giorno successivo la sua nascita, viene bruciato su un gran fuoco e le ceneri raccolte e conservate con la stessa devozione che i portano al corpo di Cristo”. È difficile dire quanto di vero ci sia in queste storie, ma di certo l’accusa di magia e stregoneria si allarga a tal punto che il re Roberto il Pio fa arrestare tutti i capi degli eretici che vengono giudicati e condannati. Fuori l’eresia, comunque, la religione stessa è intrisa di superstizioni incredibili. Tra un Dio terribile da cui dipendono tutte le sciagure che si abbattono sulla terra e l’uomo miserabile, vive una folla di esseri intermediari, santi e peccatori, angeli e demoni, buoni e cattivi indistintamente. Ogni città venera un patrono spesso più ammirato di Gesù Cristo. Le reliquie si vendono, si rubano, si comprano, si scambiano e tutte sono… assolutamente autentiche!. Il bastone di Mosè scoperto a Sens verso il 1000, la tibia di Santo Stefano ed il latte della Vergine. Il Vesuvio che rimbomba è un segno del cielo, come gli incendi delle case di argilla dal tetto di paglia; la balena enorme nella Manica e un lupo che si sostituisce al prete di Orléans per suonare le campane di allarme al fuoco; le statue di Maria gemono, i Crocifissi piangono e le tombe sudano lacrime fredde. Il demonio è ovunque: sghignazza sotto forma di gnomo sulla punta di un campanile; appare al monaco Rodolfo il Glabro sotto forma di mostro dal naso piatto, la bocca enorme, la barba di caprone, i denti di e la schiena gobba. La psicologia degli uomini dell’Anno Mille può essere esemplificata in Rodolfo il Glabro, monaco irrequieto e insopportabile. Vaga da un monastero all’altro, visionario e ossessionato da terrori superstiziosi, colleziona tutti i pettegolezzi e le leggende più pazze che annota nelle sue “Storie”. Cronache senza nessun valore storico, ma di grande importanza per capire cosa si agitasse nelle coscienze del tempo. Ma tutto questo può giustificare il mito letterario dei terrori dell’Anno Mille? Sembrerebbe proprio di no. Accurate e recenti analisi storiografiche hanno dimostrato che gli unici documenti in cui si parla del terrore apocalittico di fine millennio risalgono al XVI secolo, come ad esempio la cronaca di Tritheim di Hirschau del 1559. Dunque timore apocalittico si, ma non per la fine del mondo.

Cav. Domenico Errante

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