Gli scrittori della prima generazione dopo gli Apostoli, i cosiddetti Padri apostolici, preziosi testimoni della Chiesa del loro tempo, presentano già in modo interessante alcuni aspetti dell’argomento profetico, pur non pensando di fare opera propriamente apologetica.
Gli scrittori della generazione successiva, cioè i Padri apologisti, devono il loro nome al proposito esplicito di difendere il cristianesimo rivolgendo agli imperatori, o a tutti i “Greci” (i pagani), esposizioni che confutavano le obiezioni e che facevano vedere i titoli di credibilità della .

Per lo più scrivono in greco, come:
sant’Aristide Marciano, san Melitone di Sardi
Giustino di Nablus, che compose una duplice Apologia e il Dialogo con il giudeo Trifone
il suo discepolo Taziano, che alle pagine ironiche e talvolta violente del Discorso ai Greci mescolò uno spirito d’invettiva estraneo agli scrittori del suo gruppo (egli fu poi considerato eretico);
il calmo e ponderato Atenagora, con la sua Supplica per i cristiani;
Teofilo di Antiochia, con i tre libri Ad Autolieo.
Più tardi sorgono gli apologisti di lingua latina, come:
Minucio Felice,
Tertulliano, dallo spirito permeato d’una formazione logica e giuridica, che, nell’Apologetico, si rivolge ai persecutori con una dialettica che trascina; nel trattatello Della testimonianza dell’anima parla dell’«anima naturalmente cristiana» e, nel trattato Della prescrizione, volge contro gli eretici un argomento di diritto. In Tertulliano spira sempre un’ostilità di rigorista contro la cultura pagana, e alla fine spinse l’intransigenza e l’ascetismo fino all’accettazione di una dottrina considerata eretica dalla maggior parte della Chiese moderne.
Tutti questi apologisti confutano le accuse rivolte contro i cristiani, dimostrano l’illogicità e l’ingiustizia della legislazione persecutoria e, nello stesso tempo, apportano anche un’argomentazione positiva, facendo valere la prova desunta dalle profezie, insistendo parimenti sulla prova desunta dai miracoli. Alle accuse contro le assemblee cristiane Giustino oppose la descrizione esatta della liturgia.
L’autore anonimo di un’elegante Lettera a Diogneto, spiegando come i cristiani sono «l’anima del mondo», valorizza la santità della Chiesa; più tardi Ireneo di Lione, confutando lo gnosticismo nel trattato Contro le eresie, esprime in formule già definitive l’idea dell’apostolicità della e l’importanza della tradizione.
Nel III secolo fioriscono in Occidente ancora alcuni nomi di apologisti, come:
Ippolito di Roma col trattato Contro i Greci, perduto;
san Cipriano;
il poeta popolare Commodiano;
Arnobio, che dopo la conversione scrisse Contro le nazioni (i pagani) con grande verve ironica;
il suo discepolo Lattanzio, che, per difendere la Provvidenza, la mostra in atto raccontando la dei persecutori..
L’attività di Clemente Alessandrino e Origene, i grandi creatori della scuola di Alessandria, ha un’importanza più duratura.
Clemente nell’insieme della sua opera, di cui ci restano il Protrettico (“Esortazione ai Greci”), il Pedagogo e gli Stromati (“Tappeti”), tenta una nuova apologetica, profonda quanto accogliente, la quale, lanciandosi per vie inesplorate, ha solo il difetto di non prevederne tutti gli scogli, nonostante le migliori intenzioni.
Lo stesso accade al suo geniale e generoso discepolo Origene, che tentò una sintesi potente, ma prematura, molto ortodossa nel desiderio, ma in realtà talvolta inquietante; uno dei suoi ultimi scritti, Contro Celso, confutò metodicamente un avversario del cristianesimo che si serviva della filosofia credendosi molto bene informato, opponendogli una messa a punto notevole per quel tempo[2].

San Giovanni Crisostomo e San Gregorio Nazianzeno, icona russa del XVIII secolo.
Nella fiorente letteratura dei secoli IV e V, occasionata dalle grandi dottrine trinitarie e cristologiche, l’apologetica occupa il suo posto, sebbene secondario.
Lo storico Eusebio di Cesarea, che confutò i pagani Porfirio e Ierocle (solo lo scritto contro il secondo è giunto fino a noi), è l’autore della Preparazione e della Dimostrazione evangelica, che continuavano con una Preparazione e una Dimostrazione ecclesiastica, oggi perdute.
I Discorsi contro i Greci di sant’Atanasio, unitamente ai Discorsi sull’Incarnazione del Verbo, confutano il paganesimo e dimostrano che le profezie si sono adempiute in Cristo.
Ilario di Poitiers nel trattato Sulla Trinità traccia il suo itinerario verso la verità cattolica.
Il libro di Giuliano Contro i Cristiani ispirò le confutazioni di Gregorio Nazianzeno e di Apollinare di Laodicea;
invece Macario di Magnesia si volse contro Porfirio e san Gregorio Nisseno scrisse Contro i pagani, valendosi del senso comune;
Firmico Materno ironizzò invece sui culti pagani;
Giovanni Crisostomo dimostrò anche, contro giudei e pagani, la divinità di Gesù Cristo;
Sant’Ambrogio e il poeta Prudenzio si volsero contro Quinto Aurelio Simmaco, nella disputa sull’altare della Vittoria.
Però il principe degli apologisti di allora fu sant’Agostino, che — sia con il racconto della sua esperienza personale nelle Confessioni, sia con la Città di e la glorificazione del governo della Provvidenza, che dà il senso alla storia universale — apportò all’apologetica un contributo fondamentale.
Dopo Agostino si ricorda ancora qualche opera di valore nei secoli V-VII:
La guarigione delle malattie pagane di Teodoreto di Ciro;
i trenta libri Contro Giuliano l’Apostata di san Cirillo d’Alessandria;
il trattato Del governo di Dio di Salviano di Marsiglia;
le dimostrazioni dirette contro i Giudei di sant’Isidoro di Siviglia e di Giuliano di Toledo.

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