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La mozzarella di bufala campana è prodotta in varie forme

Redazione Bionutrion 20 Agosto 2022 2 min read

La forma tonda prevede le seguenti tipologie: perlina, ciliegina, ovolina, bocconcino che possono variare dal peso di 10 grammi fino a 800 grammi (la cosiddetta “Aversana”) per poter essere considerate DOP, in base al disciplinare di produzione.

Per la forma a treccia il disciplinare della Dop prevede nodini e trecce, queste ultime fino a un peso di 3 chilogrammi. Tutte le tipologie possono anche essere in versione affumicata, da produrre con metodi naturali (paglia di grano). La mozzarella di bufala campana affumicata Dop non va confusa con la provola.

Le zone più importanti per la produzione della mozzarella sono:

la provincia di Caserta con i comuni di: Mondragone, Aversa, Calvi Risorta, Cancello ed Arnone, Carinola, Casal di Principe, Gricignano d’Aversa, Castel Volturno, Cellole, Lusciano, Falciano del Massico, Francolise, Grazzanise, Pastorano, Pignataro Maggiore, Santa Maria la Fossa, San Cipriano d’Aversa, Sessa Aurunca, Sparanise, Teverola, Villa Literno e Casapesenna;
la provincia di Salerno con i comuni di: Albanella, Altavilla Silentina, Battipaglia, Bellizzi, Campagna, Capaccio-Paestum, Eboli, Fisciano, Nocera Inferiore, Nocera Superiore, Pontecagnano Faiano, Roccapiemonte, Sarno e Serre.

Per ottenere la DOP le aziende produttrici devono produrre il formaggio esclusivamente con latte proveniente da bufale allevate in specifici comuni della Campania, Lazio, Molise e Puglia. I prodotti che vengono maggiormente acquistati dai consumatori sono quelli di Lazio, Molise e Puglia. La Bufala della Campania ha un acquisto altalenante, probabilmente per il timore che le terre sono ancora contaminate dalla diossina.

Un decreto del ministero delle politiche agricole (21 luglio 1998) vieta l’utilizzo della espressione “mozzarella di bufala” (anche senza la dicitura aggiuntiva “campana”) per i formaggi a pasta filata derivati da solo latte di bufala che però non siano soggetti al disciplinare della DOP, ai quali è consentito indicare esclusivamente – anche nello stesso campo visivo – la denominazione di vendita “mozzarella” unitamente alla specificazione “di latte di bufala” a condizione che i singoli termini “mozzarella” e “latte di bufala” vengano riportati in caratteri di uguale dimensione e che tra il termine “mozzarella” e la successiva specificazione “di latte di bufala” compaia l’indicazione di un nome di fantasia o del nome, o ragione sociale, o marchio depositato del fabbricante.

Questo anche se il prodotto è realizzato solo con latte di bufala intero, senza aggiunta di latte di altri , ancorché il latte provenga dai comuni di cui al DPCM 10/05/1993. V’è differenza, dunque, tra mozzarella di bufala e mozzarella da latte di bufala.

È configurabile il reato di frode nell’esercizio del commercio qualora venga consegnata all’acquirente mozzarella qualificata come “bufala campana DOP”, la quale sia stata prodotta, anche se solo in parte, con latte bufalino surgelato anziché fresco, dovendosi ritenere obbligatorio, per il detto tipo di alimento, l’impiego esclusivo di latte fresco, come è dato desumere dal disposto, di cui all’art.3 del relativo disciplinare di produzione, nella parte in cui stabilisce che “il latte deve essere consegnato al caseificio entro la sedicesima ora dalla mungitura”.

Wikipedia

Redazione Bionutrion

[Nutrizione Umana]

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Tags: alimento bufala Campania commercio consumatori derivati diossina formaggio latte latte fresco ministero delle politiche agricole mozzarella bufala campana mozzarella di bufala pasta politiche agricole prodotto Puglia

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